31/12/20

2021 " Lo Duca ed io per quel cammino ascoso/entrammo a ritornar nel chiaro mondo "

 


  La divina Commedia  illustrata da Gustavo Dorè e dichiarata con note tratte dai migliori commenti per cura di Eugenio Camerini, Casa Editrice Sonzogno 1887 (biblioteca Stefano Zangheri)


(...) La vita è la brevità più lunga che possa esistere nella nostra conoscenza e la misura del suo tempo è l'attimo. In un attimo si nasce, si muore, si ama, si scrive un verso. Quanto tempo ci è voluto per quell'attimo non conta niente, è l'inesistenza del nostro senso di esistere che spesso ci affranca dal tempo rendendoci un'espansione del mistero del termine dell'infinito. La poesia assapora questo mistero, lo annusa e ne trae odore, lo allunga nel suo verso che spesso non riesce a fermarsi. Ma il concetto di sé vuole spazio, non ha perimetri  e proprietà altrui da rispettare. L'espressione non è la composizione lessicale, sono le parole che si piegano, si allungano, si dilatano nell'espressione della sensazione che deve descriversi e parteciparsi. L'uomo veggente di Rimbaud  non può vedere con schemi altrui ma solo con i propri che crea ogni volta per adattarli alla descrizione  delle immagini dell'intuizione. E ciò interpreta il significato profondo della poesia, la veggenza di una particolare cromaticità  delle sensazioni. E cromaticità  non è un solo colore, ma tanti colori a disposizione  di tanti attimi di spontanea colorazione delle cose che rimangono si perfettamente uguali ma diverse nella facoltà di oggettivare il soggettivo, creando forme che dimensionano il visibile nella realtà incomprensibile dell'invisibile.

S.Z.  dalla prefazione della raccolta "Asindoti" di D.R.C.  2018