avevo un glicine tra le mani di maggio
avevo un glicine tra le
mani di maggio
nel balzo distorto di un affanno
avevo un fiore rancido
che aveva sete fame e
anche paura
lo nascondevo nell’occhiello
sdrucito del cappotto
per render freddo maggio
e tornare a coltivare
rose nel sentiero
tra pini sorti in una
sola notte
come lunga teoria di
scampati alla minaccia
avevo un glicine tra le
mani sporche
rifletteva frammenti di colori nel mio sguardo spento
anelava una goccia di
chimera
odorava di fragola nel
gioco
perverso di scordare ancora
che tutto ciò che appare è solo niente
SZ luglio 2022 “poesie cremate e disperse”