16/05/22

Amarcord


“ noi siamo quello che ricordiamo” (Mario Luzi)

Sapevo del Premio letterario il Molinello e sapevo anche di Mario Luzi. Ma non sapevo del sito e quando me l’hanno detto e ho visto dove si svolgeva, sono rimasto davvero sorpreso. “ Come, a Rapolano?” ho esclamato. Mi sono seduto e, appoggiando i gomiti sulla scrivania, mi sono massaggiato a lungo la fronte, ad occhi chiusi, per tenere i ricordi. Perché il nome Rapolano mi ha riportato indietro di decine di anni. Ci andavo con mio padre, rappresentante di una fabbrica di cemento, lì molto conosciuto per questa sua attività. Credo infatti che quasi tutte le case di Rapolano in quel periodo erano state costruite con quel cemento. Avevo una situazione familiare ingarbugliata. Una madre sconosciuta perchè morta quando avevo sei mesi, una zia insegnante zitella che l’aveva sostituita, un padre amante della buona tavola e di lunghe partite la sera dopocena al bar con gli amici, che aveva comunque trovato il tempo, tra una scopa e una briscola, di risposarsi, avere un altro figlio e regalarmi una matrigna e un fratellastro. Io continuavo però a vivere con mia zia e mio padre lo vedevo di rado. Non solo perché non vivevamo nella stessa casa e le visite erano occasionale, ma anche perché lo sentivo diverso da me, tanto da non potermi capire neppure un po’. Almeno così credevo allora e comunque credo ancora, anche se il tempo ha dato visioni più pertinenti della vita. Però le poche volte che ci vedevamo mi piaceva starci insieme. Mi piaceva specialmente quel suo tranquillo rapporto con gli altri, senza quel timore, quella timidezza che avevo io e che cercavo di nascondere non dando confidenza, mantenendomi altezzoso. Un giorno mi telefonò quasi impacciato dicedomi “ Perchè domani non mi accompagni a Rapolano, stiamo fuori tutto il giorno, così mi dai una mano anche a guidare”. Dopo un istante di stupore gli risposi un si quasi sacrificato, ma dentro mi sentivo stranamente contento. Credo che mio padre lo intuì perché quando entrammo in macchina ebbe un sorriso appena accennato e velocemente ritirato. Cominciarono così per un certo periodo le gite a Rapolano. Partivamo la mattina presto e facevamo colazione a Ambra. Io guidavo fino alla Colonna del Grillo e mio padre si metteva alla guida per quel pezzo di strada stretta e piena di curve che portava a Rapolano. La superstrada ancora non c’era e il traffico era poco. Poi mio padre faceva il suo lavoro per i cantieri, parlando con muratori e impresari. Spesso facevamo una capatina dai Morselli, i proprietari delle Terme amici di mio padre, che quasi sempre ci invitavano a pranzo. Alcuni giorni ritornavamo a casa presto e allora ci fermavamo alla trattoria della Colonna del Grillo per spuntini con prosciutto e salame casalingo e un bicchiere di Chianti. Altre volte si proseguiva invece per Asciano e si pranzava in una trattoria sulla strada centrale, dove spesso si incontrava Aceto, mitico fantino del Palio di Siena, che parlava in sardo pennellato di senese. Raccontava storie di contrade e cavalli. Qualche volta parlava anche della sua terra e allora aveva un tono diverso, con una nota nostalgica dura come la sua terra.. Io lo ascoltavo a bocca aperta e avvertivo una strana sensazione di disagio, forse perché sentivo che mi aveva rubato con la sua realtà il ruolo di protagonista fantastico delle mie letture giovanili. Quando poi in serata, con quell'aria ne chiara ne scura che in toscano si definisce bruzzico, eravamo per la strada di casa, guidavo io e stavamo zitti fino all’arrivo. Non abbiamo mai parlato molto io e mio padre, il nostro rapporto sfilaccicato è stato più che altro di silenzi. Ma quelle sere il silenzio creava spesso lievi immagini che stranamente riunivano i nostri pensieri verso un punto conosciuto per uno, sconosciuto per l'altro, formando solo per alcuni chilometri quella famiglia dove sentivo di stare bene e dove non mi sentivo estraneo. Riuscivo a capire allora che forse a modo suo avesse voluto davvero bene a mia madre e come tentasse di trasmettermi l'immagine viva del suo ricordo, lui che l’aveva conosciuta.

(Stefano Zangheri da "Il bivio", 1985)
Nessuna descrizione della foto disponibile.

3
Condivisioni: 2
Mi piace
Commenta
Condividi