03/11/21

 

Poesia grandezza del minimo.

 

Una giornata che non si assembla con le ore, rimane estatica a controllare il tempo che si immette piano piano per creare momenti, situazioni, speranze, ricordi. Ho un senso della situazione in cui vivo e che cerco di immettere nella mia identificazione di vita, cerco la sincerità che appaghi il senso di ingiustizia che promana costantemente dai rapporti. Da tutti i rapporti, da tutte le espressioni che gli uomini adattano alle circostanze e che spesso appaiono contraddittorie al mio senso di estetica virtuosa. In contrasto alla identificazione del mio io nella società che mi assorbe e mi trascina.

Ogni giorno ha una prima ora, ogni giorno sorge da un sogno, ogni giorno si alza con una speranza. Immobile all'ingresso di una lunga teoria di ore che divengono sempre più strette fino ad impedire il passaggio.

E' il momento della socialità prestata alla conclusione esasperata di un indiscusso sentimento di pluralità, di una trasparente forza d'impeto che spinge all'insoddisfazione. Sono un essere gracile, allevato a mangimi chimici, ormai incapace di beccare. I gialli chicchi di frumento restano disseminati sull'aia e vedo uccelli che da lontano vengono a beccarli, interloquendo fra loro con lingue stranamente intercomprensibili.

In un mondo che delle parole usa ormai solo un numero chiuso in una conoscenza incerta e traballante, spesso spezzettata come la lallazione di un neonato, quali sono le rappresentazioni che si possono descrivere, i sentimenti che si possono rendere palesi e divisibili?

Se le parole hanno una così limitata possibilità di espansione e di comprensione come fa l’uomo a uscire da quella solitudine cronicamente inconscia che lo obbliga ad essere  soddisfatto di un abbraccio virtuale? Come rende permeabile l’amicizia? Come fa a rispondere all’immaginaria possibilità di se stesso?

Non ho il coraggio  di voltarmi indietro, di assumermi la responsabilità di rievocare e magari dare un giudizio, parziale ma depurato da un inconscio che ha assimilato il filtro degli avvenimenti. Ho un estremo bisogno di umanità, di calore della razza cui appartengo, un senso di incompiuto nell'immobilità di questo tempo divenuto le sbarre della vitalità. Un mondo intorno, circonciso alla mia esistenza che si affievolisce ogni minuto che passa, sperando spesso in una voce, anche lontana, anche telefonica, persino immaginaria. Chi ha detto che la solitudine è essere soli? Spesso la solitudine è solamente essere ed è incompresa. Ora si incrociano i desideri con i ricordi, nella speranza di poterli esprimere, essere ascoltato, essere compreso, essere materialmente abbracciato da una parvenza cosmica che nell'etere della sua consistenza si posa e diviene la materia di cui ho bisogno. Avverto il disagio di essere  escluso dalla sottile ragione di interessi che tiene uniti uomini senza elementi comuni, contratti in ipotesi differenti, nell’assurdo solfeggio per una musica rara. Allora amarmi è il momento giusto per allontanarmi dalle immagini di situazioni ormai accadute, nell’armonia di quanto non ha esistenza nel vissuto che rimpiange i primi indizi di una stupida possibilità, certa di possedersi senza il senso di capire, di non fermarsi e di correre nel gioco continuo delle spirali di una discesa al punto ultimo, nel sapore di un incognita che odora di ranno e di bucato antico, quando si rende una vita farcita di delicatezze per un dio che ha perduto il suo regno. E’ quando si liberano le sensazioni moleste che lo spirito si porta distante dalla possibilità di essere comunque una prima volta di qualcosa. Quasi una nostalgia di voci che non hanno alcun paragone in ciò che ho già sentito. Non sono le parole ma quel senso di immaginario che porta il rumore di un alito che si comprime e di una bocca che assapora l’estasi di essere solamente di sé stessa. Non è liberazione di inutili esercizi di spiritualità nascosta e neppure il volo immobile di qualcosa che so perdersi per sempre. Sento il valore di umanità cosciente, il senso di utilità di alcune ipotesi di civiltà che creano momenti di aggregazione facilmente dominabili. Le situazioni che si formano nei rapporti tra me ed esseri della stessa specie sono frutto di meccanismi esageratamente inclini alle possibilità. E' il senso del possibile che tutela la libertà posseduta per diritto di nascita, la possibilità di essere tenuto ostaggio di una primitiva ipotesi di comportamenti alle situazioni, di bisogni primitivi, mentre i bisogni effettivi sono nelle costrizioni delle mete che mi sono prefisso, senza che abbia influenza il valore di tali mete.

E la poesia è il canto della sirena che assorbe l’inconscio del marinaio errante che peregrina nelle contraddizioni di un esegesi sconvolta, nell’immaginario pantalassa di emozioni che non hanno riva, negli abbandoni ai venti delle dimensioni percepite, nei limiti infiniti di un universo che sana la sua impotenza nelle erettili galassie della fantasia, nella straordinaria grandezza del minimo.

SZ sulla rivista "Literary" novembre 2021