Poesia grandezza del minimo.
Una giornata che non si assembla con le ore,
rimane estatica a controllare il tempo che si immette piano piano per creare
momenti, situazioni, speranze, ricordi. Ho un senso della situazione in cui
vivo e che cerco di immettere nella mia identificazione di vita, cerco la
sincerità che appaghi il senso di ingiustizia che promana costantemente dai
rapporti. Da tutti i rapporti, da tutte le espressioni che gli uomini adattano
alle circostanze e che spesso appaiono contraddittorie al mio senso di estetica
virtuosa. In contrasto alla identificazione del mio io nella società che mi
assorbe e mi trascina.
Ogni giorno ha una prima ora, ogni giorno
sorge da un sogno, ogni giorno si alza con una speranza. Immobile all'ingresso
di una lunga teoria di ore che divengono sempre più strette fino ad impedire il
passaggio.
E' il momento della socialità prestata alla
conclusione esasperata di un indiscusso sentimento di pluralità, di una
trasparente forza d'impeto che spinge all'insoddisfazione. Sono un essere
gracile, allevato a mangimi chimici, ormai incapace di beccare. I gialli
chicchi di frumento restano disseminati sull'aia e vedo uccelli che da lontano
vengono a beccarli, interloquendo fra loro con lingue stranamente
intercomprensibili.
In un mondo che delle parole usa ormai solo un
numero chiuso in una conoscenza incerta e traballante, spesso spezzettata come
la lallazione di un neonato, quali sono le rappresentazioni che si possono
descrivere, i sentimenti che si possono rendere palesi e divisibili?
Se le parole hanno una così limitata
possibilità di espansione e di comprensione come fa l’uomo a uscire da quella
solitudine cronicamente inconscia che lo obbliga ad essere soddisfatto di un abbraccio virtuale? Come
rende permeabile l’amicizia? Come fa a rispondere all’immaginaria possibilità
di se stesso?
Non ho il coraggio di voltarmi indietro, di assumermi la
responsabilità di rievocare e magari dare un giudizio, parziale ma depurato da
un inconscio che ha assimilato il filtro degli avvenimenti. Ho un estremo
bisogno di umanità, di calore della razza cui appartengo, un senso di
incompiuto nell'immobilità di questo tempo divenuto le sbarre della vitalità.
Un mondo intorno, circonciso alla mia esistenza che si affievolisce ogni minuto
che passa, sperando spesso in una voce, anche lontana, anche telefonica,
persino immaginaria. Chi ha detto che la solitudine è essere soli? Spesso la
solitudine è solamente essere ed è incompresa. Ora si incrociano i desideri con
i ricordi, nella speranza di poterli esprimere, essere ascoltato, essere
compreso, essere materialmente abbracciato da una parvenza cosmica che
nell'etere della sua consistenza si posa e diviene la materia di cui ho
bisogno. Avverto il disagio di essere
escluso dalla sottile ragione di interessi che tiene uniti uomini senza
elementi comuni, contratti in ipotesi differenti, nell’assurdo solfeggio per
una musica rara. Allora amarmi è il momento giusto per allontanarmi dalle
immagini di situazioni ormai accadute, nell’armonia di quanto non ha esistenza
nel vissuto che rimpiange i primi indizi di una stupida possibilità, certa di
possedersi senza il senso di capire, di non fermarsi e di correre nel gioco
continuo delle spirali di una discesa al punto ultimo, nel sapore di un
incognita che odora di ranno e di bucato antico, quando si rende una vita
farcita di delicatezze per un dio che ha perduto il suo regno. E’ quando si
liberano le sensazioni moleste che lo spirito si porta distante dalla
possibilità di essere comunque una prima volta di qualcosa. Quasi una nostalgia
di voci che non hanno alcun paragone in ciò che ho già sentito. Non sono le
parole ma quel senso di immaginario che porta il rumore di un alito che si
comprime e di una bocca che assapora l’estasi di essere solamente di sé stessa.
Non è liberazione di inutili esercizi di spiritualità nascosta e neppure il
volo immobile di qualcosa che so perdersi per sempre. Sento il valore di
umanità cosciente, il senso di utilità di alcune ipotesi di civiltà che creano
momenti di aggregazione facilmente dominabili. Le situazioni che si formano nei
rapporti tra me ed esseri della stessa specie sono frutto di meccanismi
esageratamente inclini alle possibilità. E' il senso del possibile che tutela
la libertà posseduta per diritto di nascita, la possibilità di essere tenuto
ostaggio di una primitiva ipotesi di comportamenti alle situazioni, di bisogni
primitivi, mentre i bisogni effettivi sono nelle costrizioni delle mete che mi
sono prefisso, senza che abbia influenza il valore di tali mete.
E la poesia è il canto della sirena che
assorbe l’inconscio del marinaio errante che peregrina nelle contraddizioni di
un esegesi sconvolta, nell’immaginario pantalassa di emozioni che non hanno
riva, negli abbandoni ai venti delle dimensioni percepite, nei limiti infiniti
di un universo che sana la sua impotenza nelle erettili galassie della
fantasia, nella straordinaria grandezza del minimo.
SZ sulla rivista "Literary" novembre 2021