Ci sono persone, purtroppo molte, troppe e anche importanti, che credono di essere Cultura perché leggono molto e parlano con parole e frasi di autori più o meno conosciuti nelle loro conversazioni. Gestiscono solitamente poltrone politico finanziarie di roboanti miscellanee artistiche, cocktail di sapore sgradevole per i poco shakerati gusti dolce amaro. Ma sono giudici compunti, impeccabili, ben vestiti, occhieggianti tra i presenti in cerca di un consenso scontato da mirati inviti. Rifuggono ovviamente la vita bohemien che considerano decadente emarginazione offensiva in un mondo globale che deve essere descritto da immagini comunque di benessere, e che offende i palati fini per quella ossessiva mania di testimonianza vera e profonda di un mondo che forse ci sarà anche, ma non interessa, non fa tendenza, non vende.
Devo
dire che queste persone mi sono davvero nel cuore e comprendo appieno la loro ossessiva
nostalgia per qualcosa che non hanno mai avuto e che non avranno mai, l'originalità e la libertà del pensiero. E spesso anche il pensiero.
Sono i guardoni della letteratura e come i guardoni degli amplessi sessuali vivono di possibilità ed esperienze altrui, facendone un abito a propria misura con il quale cercano di coprire la nudità delle loro frustrazioni.
Arlecchini di un mondo sempre più vestito di rimanenze, assemblate in modo più o meno ingannatore.