Aveva chiesto di
poter iniziare dal giorno successivo. Non aveva spiegato le ragioni della
richiesta è vero, aveva creduto di non doverlo fare, che non fosse necessario.
A volte sentiva strane cose dentro, come il generico desiderio di trovare. Non
sapeva cosa, solo trovare una cosa qualunque, anche una cosa che qualcuno aveva
perso magari. Il suo rapporto con il mondo era falsato dal senso di innocenza
congenita, qualcosa che aveva da sempre, che non lo lasciava mai. Aveva provato
a distrarsi, andare nei posti, frequentare persone, ma non era mai riuscito a
togliersi di dosso quella sensazione. Ma forse era più di una sensazione. Una
realtà?  Parola grossa che in quel momento non si sentiva proprio di
pronunciare. Diciamo un qualcosa che vedeva e non vedeva, che poteva mostrare
e non poteva mostrare. Insomma qualcosa che non aveva fisionomia
particolare, ma nel mondo si distingueva e quindi era certamente esistente.
Quella volta per lui era cominciata una cosa nuova che gli scombinava tutto,
che aveva prodotto nella sua mente immagini di situazioni di cui non trovava
rispondenza , che non riusciva a collocare in nessun momento della sue
giornate. Anzi ,a dire la verità, non la percepiva neppure nei suoi incubi. Era
naturale quindi che ne traesse turbamento, instabilità, paura. Come era naturale
che cercasse di togliersi di dosso quella situazione, di abbandonarla da
qualche parte, di sentirsi di nuovo leggero in quelle notti di passaggio, di
assenza appena avvertita. Camminava sulla riva pensando che un fiume scorre
come una memoria e lascia melma, lascia detriti. In fondo la nebbia leggera era
gratificante, lo lasciava smarrito e irriconoscibile, lo portava all'inizio
della sua storia. Nata lì, su quella riva, sull'erba, sui sassi, sui gemiti di
una  perifrasi della sua prima esistenza, quando aveva fame di quell'odore
che saliva sempre più acre con l'eccitazione. Ma non erano simboli, neppure
modi di esistere e nemmeno scene di passione. Erano dolci ricordi di qualcosa
che doveva ancora accadere, che non aveva ancora posto nel mondo. Come la
percezione di ciò che desiderava, che voleva dentro, a cui aveva lasciato da
tanto un posto ben definito, per avere qualcosa anche lui e baciare le labbra
offerte in un piccolo spazio di consapevolezza. D'improvviso vide  e
fu folgorato dalla strana fisionomia che ricordava  il niente, che capiva di avere, il vuoto, che
non aveva il posto promesso alla sua fantasiosa costruzione di avvenimenti.
Capì anche che i suoi attimi erano trascorsi prima di esserne il legittimo
titolare, in certe sere dove l'amore aveva l'aspetto di tutto ciò che gli era
intorno. Un amore sfasato dall'ampiezza della sua capacità di averne
bisogno, dalla falsa ragione che tutto derivasse da quella strana posizione in
cui si era trovato quando aveva provato ad adagiarsi dove il calore scaldava il
morbido della pelle. Forse qualcuno avrebbe pensato che non era successo
niente e sarebbe corso a dirlo, a spiegare che lui sapeva cosa volesse dire
veder scorrere l'acqua del fiume sotto il ponte. Poi capì perfettamente
che non gli importava cosa potessero pensare o dire, era una cosa
esclusivamente sua e ne poteva disporre senza rendere conto a nessuno, per una
volta, per una sola volta. Per questo trovò inutile lasciare detto
qualcosa, non sarebbe servito proprio a niente
 

