10/01/20

L'altra riva




Aveva chiesto di poter iniziare dal giorno successivo. Non aveva spiegato le ragioni della richiesta è vero, aveva creduto di non doverlo fare, che non fosse necessario. A volte sentiva strane cose dentro, come il generico desiderio di trovare. Non sapeva cosa, solo trovare una cosa qualunque, anche una cosa che qualcuno aveva perso magari. Il suo rapporto con il mondo era falsato dal senso di innocenza congenita, qualcosa che aveva da sempre, che non lo lasciava mai. Aveva provato a distrarsi, andare nei posti, frequentare persone, ma non era mai riuscito a togliersi di dosso quella sensazione. Ma forse era più di una sensazione. Una realtà?  Parola grossa che in quel momento non si sentiva proprio di pronunciare. Diciamo un qualcosa che vedeva e non vedeva, che poteva mostrare e non poteva mostrare. Insomma qualcosa che non aveva fisionomia particolare, ma nel mondo si distingueva e quindi era certamente esistente. Quella volta per lui era cominciata una cosa nuova che gli scombinava tutto, che aveva prodotto nella sua mente immagini di situazioni di cui non trovava rispondenza , che non riusciva a collocare in nessun momento della sue giornate. Anzi ,a dire la verità, non la percepiva neppure nei suoi incubi. Era naturale quindi che ne traesse turbamento, instabilità, paura. Come era naturale che cercasse di togliersi di dosso quella situazione, di abbandonarla da qualche parte, di sentirsi di nuovo leggero in quelle notti di passaggio, di assenza appena avvertita. Camminava sulla riva pensando che un fiume scorre come una memoria e lascia melma, lascia detriti. In fondo la nebbia leggera era gratificante, lo lasciava smarrito e irriconoscibile, lo portava all'inizio della sua storia. Nata lì, su quella riva, sull'erba, sui sassi, sui gemiti di una  perifrasi della sua prima esistenza, quando aveva fame di quell'odore che saliva sempre più acre con l'eccitazione. Ma non erano simboli, neppure modi di esistere e nemmeno scene di passione. Erano dolci ricordi di qualcosa che doveva ancora accadere, che non aveva ancora posto nel mondo. Come la percezione di ciò che desiderava, che voleva dentro, a cui aveva lasciato da tanto un posto ben definito, per avere qualcosa anche lui e baciare le labbra offerte in un piccolo spazio di consapevolezza. D'improvviso vide  e fu folgorato dalla strana fisionomia che ricordava  il niente, che capiva di avere, il vuoto, che non aveva il posto promesso alla sua fantasiosa costruzione di avvenimenti. Capì anche che i suoi attimi erano trascorsi prima di esserne il legittimo titolare, in certe sere dove l'amore aveva l'aspetto di tutto ciò che gli era intorno. Un amore sfasato dall'ampiezza della sua capacità di averne bisogno, dalla falsa ragione che tutto derivasse da quella strana posizione in cui si era trovato quando aveva provato ad adagiarsi dove il calore scaldava il morbido della pelle. Forse qualcuno avrebbe pensato che non era successo niente e sarebbe corso a dirlo, a spiegare che lui sapeva cosa volesse dire veder scorrere l'acqua del fiume sotto il ponte. Poi capì perfettamente che non gli importava cosa potessero pensare o dire, era una cosa esclusivamente sua e ne poteva disporre senza rendere conto a nessuno, per una volta, per una sola volta. Per questo trovò inutile lasciare detto qualcosa, non sarebbe servito proprio a niente

S.Z. da "Pensieri e..."