28/03/19

Platone era razzista?



Quando la città retta a democrazia si ubriaca di libertà confondendola con la licenza, con l’aiuto di cattivi coppieri costretti a comprarsi l’immunità con dosi sempre massicce d’indulgenza verso ogni sorta di illegalità e di soperchieria; quando questa città si copre di fango accettando di farsi serva di uomini di fango per potere continuare a vivere e ad ingrassare nel fango; quando il padre si abbassa al livello del figlio e si mette, bamboleggiando, a copiarlo perché ha paura del figlio; quando il figlio si mette alla pari del padre e, lungi da rispettarlo, impara a disprezzarlo per la sua pavidità; quando il cittadino accetta che, di dovunque venga, chiunque gli capiti in casa, possa acquistarvi gli stessi diritti di chi l’ha costruita e ci è nato; quando i capi tollerano tutto questo per guadagnare voti e consensi in nome di una libertà che divora e corrompe ogni regola ed ordine; c’è da meravigliarsi che l’arbitrio si estenda a tutto e che dappertutto nasca l’anarchia e penetri nelle dimore private e perfino nelle stalle? 
In un ambiente siffatto, in cui il maestro teme ed adula gli scolari e gli scolari non tengono in alcun conto i maestri; in cui tutto si mescola e si confonde; in cui chi comanda finge, per comandare sempre di più, di mettersi al servizio di chi è comandato e ne lusinga, per sfruttarli, tutti i vizi; in cui i rapporti tra gli uni e gli altri sono regolati soltanto dalle reciproche convenienze nelle reciproche tolleranze; in cui la demagogia dell’uguaglianza rende impraticabile qualsiasi selezione, ed anzi costringe tutti a misurare il passo delle gambe su chi le ha più corte; in cui l’unico rimedio contro il favoritismo consiste nella molteplicità e moltiplicazione dei favori; in cui tutto è concesso a tutti in modo che tutti ne diventino complici; in un ambiente siffatto, quando raggiunge il culmine dell’anarchia e nessuno è più sicuro di nulla e nessuno è più padrone di qualcosa perché tutti lo sono, anche del suo letto e della sua madia a parità di diritti con lui e i rifiuti si ammonticchiano per le strade perché nessuno può comandare a nessuno di sgombrarli; in un ambiente siffatto, dico, pensi tu che il cittadino accorrerebbe a difendere la libertà, quella libertà, dal pericolo dell’autoritarismo? 
Ecco, secondo me, come nascono le dittature. Esse hanno due madri. 
Una è l’oligarchia quando degenera,  per le sue lotte interne,  in satrapia. L’altra è la democrazia quando, per sete di libertà e per l’inettitudine dei suoi capi, precipita nella corruzione e nellaparalisi. 
Allora la gente si separa da coloro cui fa la colpa di averla condotta a tale disastro e si prepara a rinnegarla prima coi sarcasmi, poi con la violenza che della dittatura è pronuba e levatrice. Così la democrazia muore: per abuso di se stessa. 
E prima che nel sangue, nel ridicolo .

 (Platone da La Repubblica )

In Oriana Fallaci intervista Oriana Fallaci, apologetico libello autobiografico l’intellettuale toscana pone come punto fermo del suo agire l’ideale della libertà, intesa non come anarchica soverchieria, ma come autodeterminazione sottoposta a criteri morali. Lasciamo alle sue veementi parole il riferimento a Platone.
“Me l’insegnò Platone in seconda liceo, quando il professor Morpurgo ci fece tradurre dal greco in italiano quella mezza pagina dell’ottavo libro della Repubblica. Guardi, l’ho incorniciata: la tengo sul muro, sia qui che a New York. E va da sé che non ne avrei bisogno: la so a memoria, posso recitarla come i preti recitano il Pater Noster. Senta: Perbacco, non sembra scritto oggi per certi italiani di oggi. E’ una lezione difficile da applicare, perché la mancanza di rispetto si annida nell’uomo occidentale, abituato ad affermar se stesso solo con la contumelia o la maldicenza verso il prossimo, avvezzo a scegliere e frequentare mediocri per non sentirsi inadeguato e accontentato, in questo, dai massmedia e dalle istituzioni, che abbassano il livello culturale dei loro interventi fino all’azzeramento del pensiero. Il ricordo di questo avvertimento suona contraddittorio nella chiusa di un pamplet stilisticamente magistrale ma fortemente denigratorio nei confronti dell’intellighentia mondiale. Come a dire: i nemici devono essere smascherati e umiliati, gli amici vanno rispettati, se non altro per le cariche che ricoprono. Sono i distinguo e i cavilli che permettono oggi lo sbando dei valori.”