La poesia non è cultura,fa parte della cultura ma non lo è,la poesia è semplicemente vita.E nella vita è un momento di particolare simbiosi tra sensibilità e parola,che non ha alcun rapporto con lo studio di autori,con la conoscenza accademica.Simbiosi tra sensibilità e parola,la sensibilità l'essenza,la parola il mezzo per rendere comprensibile una veloce dissolvenza nel pulviscolo di incomprensibile che ci avvolge.
Un poeta molto incensato e molto fiero della sua importanza come Accademico di grande cultura,in una sua poesia riconosce la mancanza,la insufficienza della parola che non gli permette di esprimere le sue emozioni.Pensando con ciò di affermare una cosmica incapacità,un limite universale.Senza rendersi conto che tale incapacità e tale limite non possono esistere perché il Poeta è la parola,si identifica con quella e se la parola non può esprimerlo il poeta semplicemente non esiste.Per questo amo e odio le parole,la loro cadenza,i loro intervalli,la loro posizione,la loro sensualità,i sospiri che spesso sembrano emettere.E proprio per questo il Poeta ha un rapporto molto conflittuale con la cultura e anche con gli altri poeti,un rapporto quasi sempre solo di maniera.Il Poeta non riconosce caste,neppure la sua,è individualista a tal punto da avere continui conflitti anche con se stesso,da sentirsi in competizione come alter ego.Perchè ogni Poeta spera di essere l'unico a conquistare il cuore dell'umanità,è ostile al confronto,critico al massimo con gli altri,indulgente con se stesso quando l'indulgenza è sinonimo di tormento interiore,cioè sempre.Perchè il Poeta è la persona più egocentrica che possa esistere,è l'ego al punto massimo,è il compagno narcisista del proprio consenso cosmico.Ma lo deve essere,deve essere convinto nella sua megalomania di essere l'unico detentore della possibilità di ricevere la verità delle cose e l'unico in grado di saperla comunicare.Quasi sempre è solo una sua illusione ma guai se non fosse così.Perchè è solo fra tanti tentativi inutili e spesso puerili che nasce a volte il lampo di una nuova conoscenza,di una nuova interpretazione delle cose,per un solo attimo magari,per un unico fotogramma che regala inconsciamente senza corrispettivo a chi ha un attimo di attenzione.E forse capire trattenendo quell'immagine,portarla dietro nella vita quotidiana,potrebbe servire a riscoprire l'essenza della nostra umanità,le caratteristiche originali che hanno permesso una evoluzione che ha dominato le altre evoluzioni.Con la capacità quindi di poter vivere da soli,ormai grandi,lasciando la mano dei tanti sensali sociali,religiosi,politici,amorosi,provvidi, che come tutti i sensali tengono sempre l'altra mano sui loro interessi.
Ma questa rimarrà come sempre solo una storia,una novella antica raccontata con monotonia troppe volte,offuscata dalla cultura delle immagini,compresa quella di se stessi,che in una apatia concettuale ,ormai divenuta stile,tutto falsa,manipola,compromette,plagia,deridendo la parola per eliminarla definitivamente dal confronto.Ma è risaputo che deridere è l'unica difesa di chi non è in grado di capire,ciò significando che può esserci altro e che il futuro non è necessariamente figlio del presente.
Spes rerum novarum.
(Lugano CH,15/6/2014)
(Lugano CH,15/6/2014)
 
